Anche nel cinema italiano stiamo assistendo a una svolta green. Parlano chiaro i dati del Centro studi Unioncamere presentati oggi al workshop su “Green economy e green jobs nel cinema italiano” organizzato dall’associazione Green Cross Italia in occasione della consegna del Green Drop Award alla Mostra del Cinema di Venezia. Eppure la strada da percorrere è ancora lunga se pensiamo che la produzione di un film comporta una produzione media di CO2 equivalente a circa 50 tonnellate.La produzione annua pro capite di CO2 è mediamente di 9,2 tonnellate e il 30 per cento di queste è influenzato dai comportamenti personali e delle abitudini quotidiane. Favorire attraverso lo schermo, comportamenti ecosostenibili, porterebbe a importanti riduzioni di emissioni di CO2 nell’aria, a indubbio vantaggio della salute di tutti.
Stima Cremonesi Consulenze che se 500 mila spettatori, influenzati dallo schermo, decidessero di ridurre anche solo dell’1 per cento la propria produzione di CO2, si avrebbe un risparmio di 46 mila tonnellate di CO2 che non verrebbero immesse nell’atmosfera; l’equivalente di 46 milioni di metri quadri di boschi in più.
“Almeno un quarto delle imprese rientra ormai nella green economy, è ora che anche l’industria cinematografica vada in questa direzione e l’iniziativa di oggi vuole contribuire a stimolarla” dichiara Marco Gisotti, direttore del Green Drop Award. “Proprio in queste ore, inoltre, viene depositata dal presidente della Commissione Ambiente della Camera dei Deputati Ermete Realacci un’interrogazione ai ministri della Cultura e dell’Ambiente per chiedere incentivi anche per le produzioni cinematografiche green”.
Nel workshop vengono presentati alcuni interessanti casi studio di cinema green, come il film “Un Angelo all’inferno”, pellicola prodotta da Michele Calì e Federica Andreoli (Nuova Media Italia). Ha collaborato alla sua produzione Cremonesi Consulenze, che si occupa di studio, progettazione e gestione di piani energetici e ha realizzato un apposito Protocollo green denominato Eden. Durante le riprese sono state usate tecnologie a consumo ridotto, e proposti messaggi educativi all’interno del film, come l’uso di biciclette.
Anche importanti registi sono impegnati nella stessa direzione. “Come cineasta ho aderito da tempo al Green Movie, realizzato da Edison, un Protocollo per chi vuole muoversi in direzione della sostenibilità anche nel cinema. Ho anche prodotto un film a impatto zero e credo che ci sia molto da fare per l’ambiente e, nonostante le difficoltà del cinema, dobbiamo farlo” afferma Alessandro D’Alatri, intervenendo al workshop. “Molti sono gli aspetti da tener presenti, dall’uso di materiali riciclabili ai trasporti. Purtroppo non ci sono facilitazioni e riconoscimenti oggi in Italia per il cinema green. Non importa, dobbiamo farlo per il pianeta. Forse non vedremo i risultati immediatamente, ma qualcun altro dopo di noi li vedrà”.
“Nel cinema italiano si dovrebbe iniziare a lavorare con una mentalità che includa l’etica ambientale al suo interno. Un esempio: se entriamo in un quartiere, e raccontiamo quel quartiere, dobbiamo lasciare qualcosa in cambio, ricambiare lo sfruttamento del territorio, non si può sfruttare il territorio in eterno” spiega il regista Mimmo Calopresti, presidente di giuria del Premio Green Drop Award.
“Bisognerebbe obbligare le produzioni a lavorare in maniera più rispettosa dell’ambiente. Si potrebbe partire dalle film commission, dai finanziamenti alle produzioni, che dovrebbero in cambio agire in maniera ecologica. Sarebbe un passo veramente molto importante per il nostro cinema, che può vincere questa battaglia” conclude Calopresti.
Al workshop hanno partecipato, tra gli altri, Domenico Mauriello, responsabile del Centro Studi di Unioncamere e l’attrice Ottavia Piccolo, giurata del Premio Green Drop Award.